Conosci la leggenda dei Kallikantzaroi?
Il Natale in Grecia rappresenta una delle più grandi festa religiosa dell’anno. Lo si trascorre in famiglia con i propri cari, mentre si prepara il presepe, con accanto l’albero di Natale addobbato con fili argentati e in cima una stella. Nell’antica Grecia al posto dei classici addobbi si appendevano fiaschi per il vino per dissetare i viandanti.
La Grecia è una Paese ricco di tradizioni, ed anche a Natale ci sono bellissime credenze popolari da raccontare: si crede, infatti, che durante le Dodici Notti, ossia il periodo che va dal 25 dicembre al 6 gennaio, di notte sulla terra imperversino i kallikantzaroi.
Chi sono i Kallikatzaroi?
Esiste un’antica leggenda, molto radicata nel folklore greco e cipriota, secondo la quale i bambini (dai 6 agli 11 anni), nella notte di natale, vengono trasformati in Kallikantzaroi, che secondo la leggenda durante tutto l’anno sono imprigionati nel centro della Terra dove, con asce e seghe fabbricate con fili sottili e crini di cavallo, tentano di tagliare l’albero che la sostiene. In queste dodici notti questi folletti, si introducono nelle case della persone attraverso le finestre, i buchi della serratura, crepe nei muri o giù per i camini combinando scompiglio.
Questi folletti dispettosi distruggono e rovesciano mobili, divorano ogni pietanza preparata per il giorno di Natale, avendo paura di qualsiasi fonte di luce ci urinano sopra, inquinano acqua e vino, inducono le persone che vivono in quella casa ad assumere comportamenti sconvenienti consoni mettendo zizzania fra loro, fanno inacidire il latte, alterano il sapore delle pietanze, producono suoni sinistri, alterano l’umore dei commensali, procurando incubi e lasciano le persone con senso di paura e di inquietudine.
Secondo antiche credenze popolari, inoltre, cercano di soffocare le persone se quest’ultime non rispondo correttamente alle loro domande, premiandole invece se rispondono correttamente. I Kalikantzaroi sono attratti dalla carne di maiale, per questo motivo le donne di casa cercano di coprire questo profumo con degli asparagi.
Come tenerli lontano?
Tra tra le usanze che permettono di difendersi dai Kallikantzaroi, bisogna tenere sempre acceso il ceppo natalizio o molte candele, appendere delle erbe o una mascella inferiore di maiale nel camino o dietro le porte di casa e marchiare le porte e gli infissi delle finestre con una croce nera.
Si può, anche, appendere dei fili di lino intrecciati e aggrovigliati sulla porta, così, i malvagi folletti, tratto in inganno, perderanno del tempo per sgrovigliarli, ed essendo un compito molto lungo li terrà occupati fino all’alba.
Come già accennato prima, trattandosi di creature infernali, i kallikantzaroi vivono tutto l’anno nella perenne oscurità al centro della Terra, temono ogni fonte di luce, l’acqua santa e simbolo religioso come la croce cristiana.
Come spedirli nel centro della Terra
Nel giorno delle Luci o della Benedizione delle Acque, ossia il 6 Gennaio, il Sacerdote passa per le strade dei villaggi a santificare le case, e così i Kalakantzaroi vengono rispediti negli Inferi, e mentre fuggono a gambe levate piangendo e pronunciano: «Φεύγετε να φεύγωμετι έρχεται ο τρελόπαπαςμε την αγιαστούρα τουκαι με τη βρεχτούρα του Μας άγιασε μας έβρεξεκαι μας, μας εκατέκαψε!». Ritornati negli Inferi, troveranno nuovamente integro l’albero che essi avevano tentato di tagliare, ricominciano, così, l’opera fino alla Vigilia di Natale dell’anno successivo.
Quando è stata narrata la prima questa leggenda?
Storici e archeologi stranieri trovano una connessione tra la leggenda greca moderna dei kallikantzaros e l’antico mito greco dei satiri. I satiri erano spiriti che somigliavano ad animali e provocavano danni.
Aikaterini Polymerou-Kamilaki, direttore del “Hellenic Folklore Research Centre of the Academy” di Atene, ci racconta che la leggenda dei Kallikantzaroi sono popolari in tutta l’odierna Grecia, anche nelle città. Ammette, però, che negli ultimi anni questa credenza è sempre più raccontata facendola passare come un semplice mito o racconto per bambini.
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